Il primo ed ovvio problema a cui il sommozzatore va incontro è il bisogno di respirare, non avendo come le diverse specie acquatiche appositi organi idonei a sopravvivere sott'acqua. Per risolvere questo problema si è ricorsi all'uso di bombole contenenti tipicamente aria compressa. È possibile usare anche altre miscele gassose studiate per risolvere alcuni fenomeni che si verificano respirando aria compressa (tossicità dell'ossigeno, narcosi da azoto, aumento delle microbolle di gas inerte nel sangue).
La respirazione subacquea avviene quindi tramite un autorespiratore ad aria o ad ossigeno, a seconda del tipo di immersione praticata. La differenza principale tra i due tipi di autorespiratori è nel circuito di filtraggio del gas e nella metodologia di immersione.
Nell'immersione con autorespiratore ad aria la respirazione attraverso l'erogatore avviene eseguendo la normale manovra di respirazione, come se non si fosse in immersione: l'aria inspirata dall'erogatore proviene dalla bombola e quella espirata, sempre attraverso l'erogatore, viene espulsa all'esterno.
L'autorespiratore ad aria fornisce aria alla stessa pressione dell'ambiente circostante. In immersione la pressione aumenta di 1 atmosfera ogni 10 metri di profondità, ai quali dobbiamo sommare l'atmosfera presente al livello del mare.L'azoto presente nell'aria (78%) viene spinto dalla pressione nei tessuti corporei saturandoli. Questo genera la necessità di gestire la risalita, mediante soste a date profondità, dipendenti dal profilo d'immersione, evitando che l'azoto accumulato si liberi di nuovo allo stato gassoso in maniera repentina, formando bolle che potrebbero causare emboli e generare patologia da decompressione. È necessario prestare massima attenzione alla qualità dell'aria con la quale si caricano le bombole, infatti, i compressori usati per la ricarica sono lubrificati ad olio, pertanto sono provvisti di sistema di filtraggio che, quando inefficiente, lascia passare nelle bombole una certa quantità d'olio. Respirare una miscela di aria ed olio causa gravi danni alla salute.
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Il desiderio di andare sott'acqua è probabilmente sempre esistito: per cercare cibo, scoprire manufatti, trovare tesori, riparare navi (o affondarle) e forse solo per osservare la vita del mare. Tuttavia, finché gli esseri umani non trovarono un sistema per respirare sott'acqua, le immersioni sono state necessariamente brevi e convulse.
Nel XVI secolo si iniziò ad utilizzare campane subacquee rifornite d'aria dalla superficie, il primo vero sistema per rimanere sott'acqua per un tempo illimitato. Due delle principali strade di investigazione, una scientifica e una tecnologica, accelerarono notevolmente l'esplorazione subacquea. La ricerca scientifica fu portata avanti, nel XIX secolo, dal lavoro di Paul Bert e Scott Haldane, provenienti rispettivamente dalla Francia e dalla Scozia. Allo stesso tempo i progressi tecnologici - pompe ad aria, scrubber, erogatori, ecc. - hanno reso possibile la permanenza dell'uomo sott'acqua per lunghi periodi di tempo.
A partire dagli anni settanta del XX secolo si sviluppò, a fianco del crescente fenomeno del turismo internazionale, un turismo della subacquea mirato alla semplice "visita" dell'ambiente sottomarino. Oggigiorno l'attività subacquea, grazie alle nuove attrezzature, sempre più leggere, tecnologiche e confortevoli, è diventato uno sport alla portata di tutti. In immersione ci si può spostare nuotando quasi senza fatica, e durante le immersioni può anche accadere di muoversi sfruttando un veicolo a propulsione, secondo le esigenze o l'ambiente, o semplicemente sfruttando le correnti marine.
Le due tipologie di equipaggiamenti per la subacquea sono il sistema a circuito aperto detto A.R.A. (autorespiratore ad aria con erogatore, originariamente sviluppato da Jacques Cousteau con il nome di Aqua-lung), e il sistema a circuito chiuso detto A.R.O. (autorespiratore ad ossigeno). L'A.R.O. fu creato ed utilizzato per la prima volta dagli uomini rana della Marina Militare Italiana durante la seconda guerra mondiale; più recentemente si è evoluto nel Rebreather, termine anglosassone che significa letteralmente respiratore con ricircolo dell'aria, un sistema molto sofisticato e complesso che può essere a circuito chiuso (CCR) o semichiuso (SCR), meccanico o elettronico. Questo dispositivo è in grado, a seconda del tipo, di riutilizzare il gas espirato filtrandolo e riarricchendolo di ossigeno per mantenerne costante il livello, consentendo così di prolungare notevolmente la permanenza in immersione e limitando il consumo di aria dalle bombole.
Muta subacquea
Le mute subacquee sono indumenti speciali in grado di mantenere caldo il corpo durante l'immersione, e si dividono principalmente in tre tipologie: mute umide, mute semistagne e mute stagne. Le prime permettono all'acqua di entrare, seppur in minima quantità, e quindi creano un velo d'acqua tra il corpo del sub e la muta. Quando questo sottile strato si riscalda, produce una sorta di effetto isolante, ottimo per ambienti con acqua calda ma insufficiente negli altri casi. Le mute del secondo tipo sono molto aderenti al corpo, e di spessore maggiore. Tendono a far inumidire solo braccia e gambe isolando il busto del subacqueo: nascono infatti per ambienti con acqua abbastanza fredda. La terza tipologia di mute, quelle stagne, isolano completamente il sub dall'acqua, lasciando che si bagnino solamente mani e testa; sono quindi particolarmente adatte ad ambienti con acque molto fredde o a permanenze prolungate in acqua.
Erogatori e GAV
Altra attrezzatura fondamentale è l'erogatore, che viene montato sulla bombola e fornisce aria a "chiamata", cioè quando con la bocca si inspira.
È costituito da un primo stadio, che è collegato direttamente alla bombola e ha il compito di ridurre la pressione elevata dell'aria contenuta nella bombola ad un livello intermedio, e da un secondo stadio che ha il compito di fornire aria al subacqueo che lo tiene nella bocca. Tale erogatore fornisce sempre una pressione uguale rispetto alla pressione ambientale esterna; ciò, per riprodurre la situazione che si ha a quota 0, cioè a livello del mare. Nella subacquea tecnica, per sicurezza, si scende in acqua sempre con 2 erogatori completamente separati. Nella subacquea ricreativa si preferisce usare il sistema "Octopus" cioè collegare 2 secondi stadi al primo stadio.
Un altro strumento essenziale è il giubbotto ad assetto variabile (GAV), chiamato anche Jacket, che ha lo scopo di sostenere la bombola e modificare l'assetto. Questo si ottiene immettendo o togliendo aria dal GAV, grazie a un comando collegato al primo stadio.
La bombola, a cui accennavamo prima, è preposta a contenere la riserva d'aria per il subacqueo; solitamente hanno un volume di 10, 12 o 15 litri e viene caricata fino a 200-230 bar, anche se in commercio sono reperibili bombole fino a 300 bar.
Ulteriori strumenti
Per calcolare il tempo rimanente di immersione o le pause di decompressione erano necessari un profondimetro, un orologio e le apposite tabelle; già da molti anni però, tutto questo è stato sostituito da un computer subacqueo, che fornisce vari parametri (come la profondità massima raggiunta e la profondità attuale) e calcola automaticamente il tempo di immersione rimanente ed eventualmente le tappe di decompressione necessarie.
Ultime attrezzature, ma non per questo meno importanti, sono la cintura della zavorra e le pinne: la prima serve per annullare la spinta positiva data dal corpo umano e dalla muta immersi in acqua, e le seconde servono come mezzo di propulsione
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